Salve a tutti, vorrei sottoporvi questa vera e propria pagina di diario , trasformatasi in una riflessione sulla solidarietà dell’arte, che scrissi poco prima dell’inizio Festival della Filosofia di Modena del 2014 dedicato alla Gloria, dove ebbi il piacere di presentare una mia opera, Reverse Crucifiction.
E’ una riflessione per me molto importante che vorrei condividere con tutti voi.
Un tipo persona speciale chiamata “artigiano”
Oggi ho terminato la scultura per il Festival della filosofia da un artigiano che ha tardato a cena, subendo le male parole della moglie, per rifinire dettagli che solo i suoi occhi avrebbero potuto notare.
Ma i suoi occhi, evidentemente, erano abbastanza.
Ho avvertito dalla confidenza con la quale maneggiava il pezzo, lo accarezzava, lo rendeva ciò che è assecondando le mie pignole direttive, quasi un senso di possesso. Come se la paternità dell’arte potesse trasferirsi di mano in mano. O da mente a mano, e viceversa.
Una staffetta acquistante valore ad ogni passaggio. E osservandolo con tutta la tenerezza di un figlio adulto verso un padre anziano, ero contento di essere “derubato” della mia scultura. Uomini fatti di parole in dialetto, ma con cuori e mani auliche.
L’appoggio inestimabile della loro solidarietà
Ho trovato nel mio percorso artistico uomini speciali.
Quando non si hanno i mezzi economici o non si è abbastanza conosciuti e riconosciuti da avere committenze ben ricompensate, non si potrebbe ambire ad opere libere e importanti, sia come dimensioni che come complessità, se non esistessero persone capaci di colmare quei vuoti.
E allora succede che ci si sente dire
“..oh me li dai poi quando diventi famoso”
“tu porta il lambrusco che il resto lo metto io”
“..vieni dopo cena che andiamo in officina, intanto in televisione non c’è mai niente!”
“me lo paghi se viene fuori una brutta roba, altrimenti se è bella non voglio niente”
Tutti e due sappiamo come andrà a finire.
Allora li osservi e non ti senti degno del bene che ricevi, vivi quelle ore con un senso di colpa, fai di tutto affinché non si affatichino troppo perché probabilmente in quella giornata ne hanno già fatta tanta; e non sai se e quando potrai pagarli e distrugge dalla commozione il fatto che loro neanche te li hanno chiesti quei soldi.
Ti dedicano il loro tempo con passione, consapevoli e felici che loro non andranno sul giornale, ma l’opera su cui hanno messo le mani, si. E questo, a loro, basta.
L’arte generosa degli artigiani
Essi vivono in te un sogno che non si sono mai neppure permessi di sognare, allora si doveva solo lavorare. Ed ora viene concesso loro di “fare gli artisti“, ma appena lo dico sorridono perchè si vergognano.
E invece sapete cosa penso? Penso che lo siano e molto. Penso che la loro sia arte della vita, un’arte che non troverà mai spazio nelle mostre o nei vernissage, perchè la loro è un’arte umile, defilata, timida.
Un’arte generosa votata al bene dell’altro e non ad esaltare il proprio ego. Ed oggi, nelle mie opere, ho imparato a vedere quel contributo silenzioso ma potentissimo che trasuda umanità dal legno, dal ferro, dal vetro. Non si vede, forse, ma si sente, se lo si vuole sentire.
Senza di loro non esisterei io, non esisterebbero le mie opere, che per carità il mondo andrebbe avanti ugualmente. Ma non andrebbe avanti nello stesso modo, senza quei momenti miracolosi in cui quegli uomini le hanno create donando il loro tempo, la loro esperienza e passione e amore per il loro lavoro.
Incontri tra uomini di generazioni, cultura e visioni diverse, ma di medesime radici.
Emidio non verrà all’inaugurazione perchè c’ha da fare l’orto e non si veste elegante neanche sotto tortura, ma sarà contento che quell’inaugurazione ci sia. E sarà orgoglioso mentre annaffia i suoi pomodori. Ed io, a Emidio, Sante, Palmiro etc…voglio dire grazie, per la loro arte. Quella si, davvero imprescindibile per il mondo.